Bonino, è la carica dei cattolici

voto cattolicoFossi il segretario del Pd, non mi addannerei troppo a protestare per i minutaggi televisivi ovviamente tutti a vantaggio della destra. Lamentele che oggi riempiono i giornali con le solite accuse dei radicali ai quali, a dispetto del loro fiero anticlericalismo, ben si addice il motto “semper idem” che il  cardinale Ottaviani scelse per il proprio stemma.

A un cittadino qualunque (ed io “lo nacqui” per dirla con Totò), infatti, sarebbe più gratificante sentire i politici lamentarsi per non aver potuto incontrare e dialogare direttamente con gli elettori, piuttosto che non essere stato invitato in un programma tv. Invece no, e mi ritorna in mente un foglietto attaccato sopra la scrivania del direttore del quindicinale della Fuci, “Ricerca“, diretto allora da Angelo Bertani, sul quale era scritto lapidariamente: “Il giornalista da fama e diffama”.

Insomma, un’arma a doppio taglio, anche quando “fuori onda” politici e giornalisti (in questo caso il botta e risposta tra la Bonino e Vinci, su “La Repubblica” di oggi a pagina 15) si danno del “tu”.

Confidenze poi non sempre benevolmente ricambiate; meglio allora il vecchio “lei” un po’ polveroso  e d’antan, ma certamente più rispettoso dell’utenza e anche degli stessi protagonisti. Del resto non è male che tra giornalisti e politici, si mantengano quelle distanze che più nobilmente definiamo autonomie.

Sempre su “la Repubblica“, questa volta in cronaca, si trova l’annuncio “liberatorio”che finalmente “da Franceschini a Marini, i cattolici (si sono, n.d.r.) mobilitati”. Francamente mi stavo preoccupando del ritardo che, però, adesso d’incanto si è colmato. La questione del “voto cattolico” (che alla candidata neppure interessava, come si può leggere nel post del 4 febbraio di questo stesso blog) d’incanto non c’è più.

“Niente più distinguo, prese di distanza, perplessità. Tutti i big del Pd, a partire dagli esponenti cattolici di caratura nazionale, scendono in campo per Emma Bonino…” (per chi vuole p.V della Cronaca).

Ma qui valgono alcuni ricordi: non fu Franceschinia rilanciare l’ispirazione cristiana nell’assemblea del Ppi del marzo 1999, intitolata non a caso “Ritorno al futuro”? Non fu Fioroni a sbracciarsi per l’interpretazione rigorosa della Nota Dotrinale “circa l’impegno dei cattolici nella vita politica” (gennaio 2003) che pure qualche dubbio sulla cultura radicale, oggi dovrebbe sollevarlo? E ultimo non fu Mariniad appoggiare la scelta cattolica più rigorosa impersonata da Rocco Buttiglione al Congresso del Ppi del 1994, al quale seguì – grazie a lui – la definitiva scissione del partito?

Si potrebbe anche sorridere, ma sarebbe un riso amaro perché la questione cattolica nella politica italiana, grazie anche alle troppe furbizie, lungi dal risolversi, c’è tutta. E, almeno a me, desta preoccupazione.

2 commenti

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    Binetti si, Binetti no. A molti è però dispiaciuto che la Binetti se ne sia andata. Ed io sono tra questi. Sia chiaro: i motivi per andarsene ci sono stati tutti e tu, caro Pio li elenchi bene ( assenza di primarie, assenza di discussione, diktat della Bonino, “valori” per esperienze passate diversi, e vedremo il Programma!). A questo punto aggiungi che c’è chi se ne va con la porta sbattuta in faccia, e c’è chi invece resta. Bene. Cioè male perché la porta in faccia si sbatte solo a chi se la fa sbattere. E la Binetti durante la sua permanenza nel Pd, non mi pare che se la sia fatta sbattere. C’è dunque qualcosa che al di la della coerente incompatibilità sui principi si deve discutere. Schematicamente:

    1°) Se chi se ne va, se ne va come ho detto sopra perché indignato per il metodo seguito nella scelta della candidata, ha tutta la ragione possibile e fa anche bene.

    2°) Se invece se ne va perché il suo partito ha fatto, con la candidatura Bonino una scelta di valori ( bioteca, libertarismo, liberismo ) distanti dai suoi, ha solo mezza ragione . Perché?

    intanto perché deve verificare se ciò è vero( o sarà vero):spesso non basta il passato;
    in secondo luogo, perché era proprio la sua presenza “diversa” che dava vigore alla dialettica interna: a Milano la “filosofia” della Cattedra dei non credenti suggeriva che i migliori frutti la fede li ottiene quando dialoga con i diversi e non con gli eguali.
    3°) Se infine chi se ne va, è in attesa dell’uscita di scena di Berlusconi ( teorema Buttiglione) e se ne va con l’intenzione di formare una sorta di nuova Dc di centro ( o qualcosa di analogo una volta uniti a Rutelli e Montezemolo, e Dio sa a quanti altri), ebbene in questo caso la ragione non è dalla sua parte. Mi soffermo un poco su questo e concludo.

    Questo progetto neocentrista e teo-con, sarebbe il caso infatti di passarlo al vaglio sia della riflessione politica, sia di quella sul cattolicesimo politico, sia di quella sulla Chiesa italiana.

    Dal punto di vista politico non è intanto per niente scontato che l’uscita di scena di Berlusconi e il progressivo crescere della leadership finiana, significhino la scomparsa dei berlusconiani e del berlusconismo. Con tutto il consenso antipolitico, presidenzialista e gaudente che sono riusciti a organizzare in questi quindici anni, mi pare poco probabile. Anche se non siamo certi sullo tsunami del dopo Berlusconi ricordo che i tentativi passati di terze forze centriste sono tutti falliti. Allora, e in attesa di un riforma elettorale e naturalmente del ritorno al voto di preferenza, se il disegno è quello di ricomporre una nuova “Dc” di centro, un partito cioè con una forte connotazione cattolica e poco laico perché ben visto e appoggiato da ambienti ecclesiali, ebbene se questo è il disegno, io temo molto che questo partito nei terribili anni che ci attendono, sarà un partito di sola rappresentanza formale. E di potere: nella prospettiva Montezemolo anche di “Poteri Forti”. Senza possibilità di incidere sulle tremende rivoluzioni sociali che ci attendono. Mi sbaglierò, ma sarà un partito che difficilmente si confrontèrà con le sfide culturali e antropologiche. Che difficilmente dialogherà col mondo, che difficilmente cercherà di mediare al minor male gli sviluppi irresistibili e irrefrenabili della scienza e della tecnica, della vita e della morte, ormai nelle mani delle multinazionali e delle grandi corporation mondiali. Un partito “cerniera” in difesa, al rimorchio, che guarda indietro, e che potrà anche avere peso nei governi e al limite governare con qualche altra “fusione”. Ma un partito che farà fare alla Chiesa un passo indietro di cento anni chiamandola di nuovo al collateralismo anticonciliare e spingendola di nuovo al silenzio. Spingendo la fede a non incontrarsi con la storia. Tutto questo non significa che le forze cattoliche non abbiano il diritto-dovere di organizzarsi e debbano rimanere in silenzio senza voce e parola. E ciò vale anche per i cattolici rimasti nel Pd. Ma questo diritto-dovere si esercita solo di fronte ad uno scenario di trasparenza, che riscopra l’utopia e la profezia, la responsabile mediazione e la laicità, come categorie centrali all’agire politico cattolico nella “Città” del Duemila. Nino Labate

  2. A proposito del voto cattolico.
    Un recente sondaggio Ipsos regionale (9-12 /febbraio) sul voto dei “praticanti impegnati” ( coloro cioè che nel Lazio vanno a messa ogni domenica , frequentano la parrocchia o altre organizzazioni religiose) rileva che la Polverini intercetta il 47% di questo voto, mentre la Bonino il 22%. E’ un risultato previsto . Quello che invece impressiona è che il 22% dei fedeli praticanti, non esita a dichiarare che voterà Bonino.


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